La coltivazione delle amarene (ciliegio acido) può sicuramente ritenersi tra le più tradizionali della provincia di Modena.
Infatti nei cortili delle case di campagna e in molti giardini nelle case di periferia si trovava in un angolo soleggiato
una pianta di amarene che veniva raccolta a maturazione e trasformata in ottime confetture.
Nella collina modenese esistevano piccoli impianti la cui produzione fino all’inizio degli anni ’90
generava anche un piccolo e particolare mercato agroindustriale.
La coltura però, causa gli altissimi costi di raccolta manuale, di fatto è scomparsa
rischiando così di perdere la possibilità di mantenere in vita la produzione tradizionale dell’antica confettura di amarene
fondamentale per la realizzazione, nelle pasticcerie e nelle case delle massaie, delle crostate e dei tortelli dolci.
È nata così l’idea di mantenere in vita questa coltura tradizionale perfettamente adattabile
alla conduzione agroindustriale dei terreni ed alla professionalità dei soci della Cooperativa.
I ceraseti di amarene sono realizzati utilizzando grandi distanze tra le file e tra pianta e pianta perchè l’amarena è nemica dell’ombra
e per potere crescere e fruttificare bene deve avere molta aria e molta luce a disposizione
(esattamente le stesse condizioni che si avevano nei cortili e nei giardini dei modenesi: una pianta singola senza nessuna ombra…).
L’amarena è una coltura poco esigente sotto il profilo delle cure agronomiche:
necessita di una potatura leggera che viene svolta nei mesi invernali e richiede un utilizzo di cure fitoiatriche
poco impattanti sull’ambiente: i disciplinari di produzione utilizzati sono quelli di lotta integrata della Regione Emilia Romagna.
All’inizio della primavera c’è la fase più bella di tutta la stagione, la fioritura,
durante la quale le chiome si riempono di fiori candidi per circa una settimana,
tempo necessario agli insetti pronubi per impollinare i fiori, al fine di garantire abbondanti fruttificazioni.
Il ciclo di crescita del frutto è molto breve e verso la metà di giugno è già tempo di raccolta
che avviene con l’ausilio di macchine scuotitrici, che consentono di eseguire il lavoro su grandi superfici molto velocemente,
pur rispettando il frutto, che una volta staccatosi dall’albero, già senza il picciolo, cade in un recipiente contenente acqua fredda,
per evitare brusche cadute, lesioni e deterioramenti.
Nell’acqua fredda i frutti vengono quindi mantenuti per alcune ore, operazione necessaria
perché il prodotto arrivi allo stabilimento di trasformazione in condizioni idonee alla successiva lavorazione.
Una volta entrate in stabilimento le amarene vengono lavate, cernite ed infine denocciolate,
così da essere pronte in pochi minuti per la cottura.
Quest’ultima importante operazione viene fatta in un modo molto particolare,
riproducendo fedelmente il sistema tradizionale utilizzato dalle massaie modenesi (“rezdore”, in emilia) già dal 1600,
periodo a cui risale la prima ricetta ritrovata della nobile famiglia estense Casa Molza.
La polpa e il succo delle amarene infatti vengono versati all’interno di bacinelle a cielo aperto;
in questi grandi grossi recipienti avviene una cottura della frutta a temperatura prossima ai 100° C,
che si protrae per non meno di 4-5 ore, sino al raggiungimento del giusto grado di concentrazione,
secondo una ricetta del tutto simile a quella che si ripropone da secoli nell’ambito domestico.
A cottura terminata si procede immediatamente al confezionamento in vasetti,
in latte o in secchielli secondo le esigenze commerciali.
Inserire qui di seguito il codice alfanumerico riportato sulla confezione: